IL SALENTO E LA PIETRA LECCESE

Un territorio particolarissimo è quello della penisola salentina, protesa nel Mediterraneo, la cui permanenza all’uso della tecnica costruttiva in pietra si è mantenuta viva fino ai nostri giorni senza soluzione di continuità sia nel paesaggio storico che contemporaneo.

Lo scenario geografico più ampio in cui si inscrive il Salento è quello della Puglia, regione “petrosa” per antonomasia.

Qualora mancassero gli elementi umani, che recano dovunque il chiarissimo segno della nostra storia, si dubiterebbe di trovarsi ancora su terra italiana, e non piuttosto al di là del mediterraneo. Dalle Murge alla Penisola Salentina, tutto concorre a tale impressione: l’uniforme dominio dei motivi orizzontali, nella sequenza di piani ed altopiani appena ondulati; l’assoluto prevalere dei calcari, tra le rocce che ne costituiscono il suolo, di frequente aspro e petroso; la quasi totale scomparsa della rete idrografica superficiale, dalla destra dell’Ofanto alla sinistra del Bradano. A portata di mano ovunque la Pietra leccese, e poche regioni d’Italia, al pari di questa, ne hanno visto sì largo impiego, tanto nelle singolari fabbriche rustiche, quanto nell’edilizia e nell’architettura delle città.

Una struttura geologica particolarmente ricca di banche rocciosi affioranti fa sì che nel Salento sia proprio la presenza diffusa e onnipotente della pietra a tenere insieme ogni cosa, a rendere così caratteristica ed unica questa lingua di terra protesa e allunga nel cuore del mediterraneo.

Sotto il cielo caldo e luminoso del Salento la pietra leccese appare innanzitutto in grandi masse rocciose lungo i litorali costieri al cospetto di un mare turchino.

Verso l’interno l’altopiano salentino, invece, si presenta come una grande “spugna di pietra”, poiché non ha laghi o fiumi, non trattiene l’acqua in superfice, ma la assorbe tutta nel sottosuolo.

La pietra leccese riemerge, dovunque dal terreno in forma di massi tarlati e consunti dal tempo utilizzati per la formazione ininterrotta di muri a secco posti a disegnare, attraverso una grande maglia a scala territoriale, il paesaggio della campagna.

Muri a secco di maggiore spessore ed articolazione costruttiva danno corpo, invece, a quei particolarissimi ricoveri monocellulari, simili a piccole tholos, rappresentati dai trulli o meglio “furni o pagliare” di variata dimensione e forma volumetrica.

I progenitori dei costruttori dei muri a secco e delle pagliare furono certamente i messapi che eressero mura megalitiche a difesa delle loro città e “specchie” quali strutture sepolcrali per i loro defunti.

Sono questi i “muri antenati” spesso nella più perfetta struttura isodoma a blocchi squadrati, posati a secco, orizzontalmente gli uni sugli altri, che lasciano ancora intravedere di aver posseduto un taglio netto e preciso.

Nel paesaggio salentino si affiancano ai furni, rudimentali ricoveri rurali in un territorio arso ed assolato, organismi edilizi più evoluti, con ambienti voltati a mezzo di conci di pietra leccese regolari posti a formare terrazze praticabili: si tratta delle “liame”.

Liame significa casa di campagna con volte a botte. Queste “casedde” sono di forma rettangolare, con i quattro muri perimetrali in pietra a secco mentre la volta a botte è in blocchi di pietra leccese.

Denominate volte leccese, tali strutture di copertura sono caratteristiche della sola penisola salentina e assumono forme curve generate dai diversi tipi di arco, dal circolare ad unico centro a quello policentrico, ellittico, a sesto acuto, ribassato, ecc.

Realizzate interamente in pietra leccese, tali strutture consentono di coprire ambienti di significative dimensioni, sia di forma quadrata e rettangolare che poligonale.

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